Sangue infetto: risarcimento

Diritto di accesso a dati sanitari relativi a sacche di sangue trasfuso:

Un assistito aveva formulato, mio tramite, richiesta ad AVIS ed AUSL, ai sensi della L. 241/90 e s.m.i.,  di ottenere copia dei referti degli esami ematochimici eseguiti sui donatori delle sacche, che gli erano state trasfuse nel 1987, ed identificate nella cartella clinica del ricovero. Ciò ai sensi l’art. 24 c. 7 L. 241/90 che recita: “deve comunque essere garantito l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o difendere i propri interessi giuridici”.

Tuttavia detti enti rifiutavano l’accesso richiesto, motivando genericamente una violazione della privacy e la correttezza degli accertamenti che erano svolti all’epoca. Eppure era interesse dell’assistito ottenere copia di tali documenti per il fatto che, affetto da epatite C, aveva adito il tribunale di Reggio Emilia per conseguire l’accertamento della responsabilità e la condanna della Regione Emilia Romagna e/o del Commissario Liquidatore dell’AUSL di Reggio Emilia al risarcimento del danno derivato dall’aver contratto l’infezione HCV a seguito delle trasfusioni di sangue infetto. Al momento della domanda di accesso l’assistito era in appello presso la Corte di Bologna per il medesimo procedimento. Era quindi interesse del danneggiato visionare i referti nella loro interezza, essendo il contenuto di tali documenti determinante ai fini della propria richiesta di risarcimento del danno anche in sede di appello.

Alla luce del rifiuto da parte dell’AUSL e dell’AVIS; l’assisito, mio tramite, presentava domanda alla Presidenza del Consiglio dei Ministri perché esprimesse parere in merito al diritto di ottenere copia dei referti degli esami ematochimici eseguiti sui donatori delle due unità di sangue trasfuse all’assistito.

La Commissione preposta ha risposto favorevolmente al diritto di accedere agli atti ritenendo che il diniego, seppur motivatamente opposto, come per legge, deve essere censurato, in quanto il diritto alla privacy dei donatori ben può essere salvaguardato semplicemente oscurandone i nomi.

Rritiene la Commissione che, al fine di provvedere alla cura dei propri diritti difensivi, l’interessato può accedere ai dati sensibili se opportunatamente oscurati quanto ai dati identificativi dei donatori, “sussistendo un evidente interesse personale e concreto, che non può essere intaccato dalla esistenza di un procedimento giudiziario in corso”.

In definitiva, è chiaro il diritto di un soggetto di ottenere dati che siano di interesse al fine di salvaguardare e dimostrare i propri diritti, naturalmente nel rispetto dei diritti dei terzi che, nel caso concreto, sono tutelati nascondendone semplicemente i dati identificativi.

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