Introdotto nel 2004 l’Istituto dell’amministrazione di sostegno.
Introdotto nel 2004 l’Istituto dell’amministrazione di sostegno, si
allega la relazione esplicativa allora esposta dall’Avv. Soragni agli
assistenti sociali della Val D’Enza che si trovavano ad affrontare e
utilizzare la nuova figura dell’amministratore di sostegno a beneficio
dì propri assistiti.
L’AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO
L. 9 gennaio 2004 n. 6
FINALITA’
L’istituto dell’amministrazione di sostegno è stato introdotto nel nostro ordinamento giuridico per tutelare gli interessi di una persona impossibilitata anche solo temporaneamente a curare i propri interessi senza dover ricorrere alla soluzione più “drastica” del riconoscimento dell’incapacità d’intendere e di volere” e con l’intento di ridurre i tempi procedurali che di fatto vi sono per le interdizioni e le inabilitazioni, nei casi in cui vi siano singoli atti urgenti da attuare a favore della persona impossibilitata.
Vi sono infatti svariati casi di presone che non sono in grado di gestire alcuni atti senza tuttavia essere incapaci d’intendere e di volere. Si pensi ad esempio alla persona colpita d ictus che non è in grado di firmare un assegno per pagare ad esempio l’affitto, o di recarsi in banca per provvedervi.
Ulteriore differenza consiste nel fatto che, come si leggerà in seguito, al Giudice Tutelare viene dato il potere di interpretare la norma e di adattarla a seconda delle singole fattispecie, emanando un decreto che regola nei particolari i limiti e il modo di gestione dell’amministratore di sostegno.
Il legislatore ha quindi modificato e integrato articoli del codice civile e delle norme di attuazione per inserire la disciplina dell’amministratore di sostegno.
Grazie all’ausilio dell’amministratore di sostegno il beneficiario (così è indicata nella nuova disciplina la persona impossibilitata) può comunque compiere tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore (art. 409 c.c.), senza essere dichiarato incapace d’intendere e di volere.
Così afferma il Senatore Fassone in premessa al disegno di legge: “Vi sono moltissime situazioni in cui una persona non è compiutamente capace di badare ai suoi interessi, pur non versando in condizioni tali da dover essere interdetta o inabilitata. Ci sono casi come quello di una persona anziana ma ancora lucida e capace che, ad esempio, non può andare a riscuotere la pensione o pagare l’affitto. In tutte queste situazioni, attualmente, o si decide di far finta di niente, eliminando il trauma dell’inabilitazione o peggio ancora dell’interdizione, ricorrendo a piccoli escamotage, ma esponendo il soggetto alle insidie che la sua condizione comporta, oppure si avvia un procedimento lungo e costoso che porta alla dichiarazione del Giudice che ne dichiara l’incapacità parziale o totale e che rappresenta spesso una menomazione non solo materiale ma anche psicologica”.
PROCEDIMENTO CIVILE
Anche per la nomina di un amministratore di sostegno è necessario l’intervento dell’Autorità Giudiziaria competente, cioè il Giudice Tutelare presso il Tribunale della provincia ove è residente il beneficiario. Certamente ciò comporta il rispetto comunque di tempi procedurali anche per l’istituto trattato. L’intervento dell’Autorità Giudiziaria garantisce a ogni buon conto la miglior tutela degli interessi del beneficiario, effettuando sempre un controllo e un potere diretto “super partes”.
Il ricorso al Giudice Tutelare può essere presentato da:
– beneficiario stesso (anche ad esempio in vista di una sua futura impossibilità a gestire un determinato o determinati atti) art. 406 c.c.;
– parenti entro il 4° grado e affini entro il 2° grado;
– Pubblico Ministero;
– il giudice che si sta occupando dell’interdizione o dell’inabilitazione della persona impossibilitata.
Gli assistenti sociali possono proporre a conoscenza del Giudice tutelare o del Pubblico Ministero gli elementi che rendono opportuna l’apertura dell’amministrazione di sostegno per una persona sottoposta alla loro cura e assistenza.
Il ricorso deve contenere le generalità del beneficiario, le generalità (nominativo e domicilio) del richiedente nonché del coniuge o convivente, dei discendenti e ascendenti e dei fratelli del beneficiario.
Soprattutto devono essere indicate in modo chiaro e determinato le condizioni che richiedono la nomina di un amministratore di sostegno. Importante, come per l’interdizione e l’inabilitazione, sono i certificati medici specialistici.
Nel procedimento di nomina dell’amministratore di sostegno, così come nell’interdizione e nell’inabilitazione, è parte il Pubblico Ministero.
Fissata l’udienza, il Giudice in tale sede deve sentire personalmente il beneficiario, e valutarne le condizioni, utilizzando anche tutti i mezzi istruttori che ritiene necessari, ed ascoltare anche i parenti entro il 4° grado e gli affini entro il 2°. Tutto ciò sempre nel rispetto degli interessi del beneficiario.
Certamente spesso il Giudice tutelare chiederà l’ausilio nella determinazione delle condizioni mediche del beneficiario di un medico-legale, nominato dallo stesso Giudice.
Il Giudice, espletati gli opportuni accertamenti, entro 60 giorni dal deposito del ricorso di nomina di amministratore di sostegno, dovrà provvedere con decreto alla nomina, o rigettare la domanda se ritenuta non fondata.
Il decreto è immediatamente esecutivo.
Il decreto deve contenere:
1) generalità del beneficiario e dell’amministratore;
2) durata dell’incarico (può anche essere indeterminata)
3) l’oggetto dell’incarico e degli atti che è autorizzato a compiere l’amministratore di sostegno.
4) Gli atti che il beneficiario può compiere con l’assistenza dell’amministratore di sostegno;
5) Limiti di spesa per la gestione degli interessi del beneficiario;
6) Periodicità di comunicazioni e relazioni che l’amministratore deve fare al Giudice Tutelare in ordine allo svolgimento dei propri compiti.
A differenza dell’interdizione e dell’inabilitazione, l’amministrazione di sostegno prevede quindi un maggior controllo e un maggiore potere discrezionale da conferirsi al Giudice Tutelare. Evidentemente in tal modo il legislatore ha voluto creare un istituto che permetta al Giudice di dare una nuova lettura delle disposizioni di legge adattandole a ciascun caso concreto, di cui ha espressa visione.
Ogni provvedimento del Giudice tutelare, anche nel corso del procedimento per nomina di amministratore di sostegno, può essere modificato.
Il decreto di nomina può anche essere revocato o impugnato o prolungato.
Revoca: avviene quando non sussistono più le condizioni per cui il beneficiario abbia bisogno dell’assistenza di un amministratore di sostegno.
La domanda per la revoca dell’amministratore di sostegno è presentata a mezzo istanza al Giudice tutelare da parte del beneficiario, dall’amministratore, dal Pubblico Ministero, parenti entro il 4° grado, affini entro il 2° grado. Può anche essere vanazata dal Giudice Tutelare d’ufficio quando ritiene che questa non si apiù idonea a tutelare gli interessi del beneficiario.
Detta istanza deve essere notificata al beneficiario e all’amministratore.
Anche su tale istanza il Giudice Tutelare decide con decreto.
Qualora poi ritenga che anziché il beneficio dell’amministrazione di sostegno il beneficiario necessiti d’interdizione o di inabilitazione, ne fa richiesta al Pubblico Ministero perché provveda a promuovere il relativo procedimento dinanzi al Tribunale.
Impugnazione: a mezzo di reclamo alla Corte d’Appello di appartenenza.
Proroga: il Giudice Tutelare può prorogare la durata dell’amministrazione di sostegno d’ufficio, sempre con decreto motivato, e prima della scadenza del termine (naturalmente se a tempo determinato).
BENEFICIARI
L’art. 404 c.c., come introdotto dalla L. 6/2004, così ben disegna il destinatario della nuova disciplina: “La persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi”.
Beneficiario dell’amministrazione di sostegno può anche essere un minore non emancipato, ma il decreto di nomina diventa esecutivo solo al compimento della maggiore età.
Il beneficiario conserva la capacità d’intendere e di volere, nonché la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministrazione di sostegno.
Può comunque compiere tutti gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana.
Gli atti invece compiuti dal beneficiario in violazione delle norme di legge o delle disposizioni contenute nel decreto di nomina possono essere annullati, su istanza del beneficiario stesso, dell’amministratore, dei suoi eredi e dei suoi aventi causa. L’annullamento deve però essere richiesto entro l’ordinario termine di prescrizione di 5 anni.
GLI AMMINISTRATORI DI SOSTEGNO
Può essere nominato amministratore di sostegno un parente, un affine o terze persone. Sono esclusi però dalla nomina gli operatori pubblici o privati che hanno in cura o in carico il beneficiario. Tale esclusione è giustificata dal fatto che questi potrebbero trovarsi in una situazione di conflitto d’interessi con il beneficiario, dovendo, ad esempio, provvedere al pagamento della retta presso un centro anziani gestito dal Comune tramite gli operatori sanitari.
Anche il beneficiario può nominare mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata il proprio amministratore in vista di una sua futura incapacità.
La legge disciplina anche quali preferenze deve adottare il Giudice Tutelare qualora si presenti la necessità di valutare tra più persone disponibili a ricoprire l’incarico di amministratore:
– il coniuge
– la persona stabilmente convivente;
– il padre o la madre;
– il figlio;
– il fratello o la sorella;
– il parente entro il 4° grado;
– il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata.
Il compito di amministratore di sostegno non può essere prolungato per più di dieci anni nel caso di dissenso dell’amministratore stesso. E’ invece obbligato a ricoprire tale compito anche trascorsi dieci anni l’amministratore che sia anche coniuge, o stabilmente convivente, o discendente o ascendente del beneficiario.
Poteri dell’amministratore: I poteri dell’amministratore di sostegno vengono annotati a margine dei Registri di Stato Civile, al fine di consentire a terzi il controllo sul suo operato.
E’ dovere dell’amministratore svolgere le proprie mansioni rispettando e tutelando sempre gli interessi del beneficiario. L’amministratore quindi periodicamente deve riferire al Giudice del suo operato.
Può succedere tuttavia che tra il beneficiario e l’amministratore sorga un contrasto su determinate questioni. O può succedere che l’amministratore svolga il proprio compito con negligenza nell’inseguire gli interessi del beneficiario. Nel primo caso l’amministratore deve avvisare subito il Giudice Tutelare. Nel secondo caso il Pubblico Ministero o i parenti entro il 4° grado o gli affini entro il 2° possono ricorrere al Giudice Tutelare che prenderà provvedimenti sempre a mezzo di decreto motivato.
Un limite concreto nell’attuazione dell’amministrazione di sostegno è costituito proprio dal rapporto di fiducia che deve crearsi tra il beneficiario e l’amministratore. Nel caso tale requisito difetti, sarà difficile se non impossibile proseguire nel rapporto.
IL GIUDICE TUTELARE
Il Giudice tutelare si trova presso il Tribunale della Provincia di residenza del beneficiario.
Il Giudice tutelare ha un ampio potere, limitando a determinati atti l’attività dell’amministratore di sostegno, controllando il suo operato. Può convocare in qualunque momento l’amministratore di sostegno per chiedere chiarimenti, informazioni e notizie sulla gestione. Può dare in qualsiasi momento istruzioni all’amministratore per meglio tutelare gli interessi morali e patrimoniali del beneficiario (art. 44 disp. Att. C.c., così modificato dalla L. 6/2004).
Il Giudice tutelare può sempre chiedere informazioni agli assistenti sociali e operatori sanitari, per riuscire a meglio comprendere le esigenze del beneficiario.
Come già anticipato, il Giudice tutelare ha il potere-dovere di adattare le norme al caso concreto, verificando personalmente le condizioni psico-fisiche ed economiche in cui si trova il beneficiario. Il legislatore ha infatti lasciato ampia discrezionalità a questi, per plasmare la normativa a seconda delle concrete necessità del beneficiario.
Per far tutto ciò però viene richiesto un tempo breve, per evitare le lungaggini del procedimento d’interdizione o inabilitazione (a volte superiori a due anni…), di sessanta giorni dalla presentazione della domanda. Il decreto con cui il Giudice tutelare dispone l’amministrazione di sostegno è immediatamente esecutivo, in modo da velocizzare il più possibile l’attuazione della gestione patrimoniale del beneficiario.
Certamente con l’introduzione della L. 6/2004 i compiti del Giudice tutelare sono aumentati a dismisura. Il Giudice tutelare necessita infatti di ausilio anche da parte di commercialisti, avvocati e altre persone professioniste esterne alla cerchia familiare dell’incapace per garantire, almeno nel periodo di tempo immediatamente successivo all’apertura dell’amministrazione di sostegno l’adempimento degli obblighi di legge (inventario, ecc..) e la corretta gestione del patrimonio dell’incapace, permettendo nel frattempo al Giudice tutelare di individuare il prossimo congiunto più idoneo a prendersi cura degli interessi dell’interdetto. Così, ad esempio, il Giudice tutelare presso il Tribunale di Reggio Emilia, Dott. Luciano Varotti, ha inviato al Consiglio dell’ordine degli avvocati di Reggio Emilia una richiesta di elenco nominativi di avvocati disposti a coprire il ruolo di amministratori di sostegno, tutori o curatori almeno nella fase iniziale del procedimento. Afferma infatti che “a seguito della Legge sull’amministrazione di sostegno ka necessità di reperire professionisti disposti a collaborare col Giudice Tutelare è notevolmente aumentata”
CONCLUSIONI
La legge n. 6/2004 incide fortemente sulla normativa precedente di tutela delle persone socialmente più deboli.
Dapprima infatti vi erano le sole figure dell’interdizione e dell’inabilitazione che comunque richiedevano una determinata gravità psico-fisica per poter far gestire a terzi, tutore o curatore, gli interessi dei disabili che non erano in grado di provvedervi autonomamente.
Restavano invece esclusi dalla tutela normativa, e dovevano continuare a gestirsi in proprio tutte le persone che non si trovavano in situazioni così gravi, ma che tuttavia non erano in grado di svolgere determinate attività, anche quotidiane, per curare i propri interessi (in Italia circa 700.000). Si pensi a chi ad esempio è anziano e non è in grado di sapere come meglio tutelarsi nel caso in cui debba alienare quote societarie (ad esempio aveva una società col figlio ed ha sempre mantenuto la quota), o debba affittare un negozio, ecc.
La nuova disciplina pertanto regola anche i casi che in precedenza erano esclusi da qualsiasi tutela quali, ad esempio, anziani della 4^ età, handicappati sensoriali, alcolisti, tossicodipendenti, soggetti colpiti da ictus, malati, morenti.
Inoltre la vecchia normativa presentava svariati inconvenienti, quali la costosità del processo, difficoltà dell’interessato di difendersi e di compiere determinati atti quali sposasi, fare testamento, riconoscere un figlio naturale, ecc. Ogni contratto sottoscritto da incapace è annullabile.
Queste misure, come dice il Prof. Cendon, sono “totalizzanti… quasi sempre sproporzionate alle necessità di protezione del soggetto. Etichette odiose, che le famiglie sono le prime a temere per i propri cari.
Al contrario, la persona che beneficia dell’amministrazione di sostegno è libera di compiere svariati atti, o meglio tutti gli atti per i quali il Giudice tutelare non ha previsto espressamente la competenza dell’amministratore di sostegno.
Anche sul piano delle garanzie è maggiormente tutelato il beneficiario, in quanto lui stesso può attivare la procedura per ottenere la nomina di un proprio amministratore di sostegno, può esigere un rendiconto periodico, pretendere in ogni momento la modifica o la revoca del provvedimento.
Naturalmente l’applicazione della normativa sull’amministratore di sostegno richiederà un grande impegno, a partire dal Giudice tutelare, agli operatori sanitari che avranno il compito di indicare agli organi competenti le situazioni, certamente numerose, per le quali sia opportuna l’applicazione della nuova disciplina. E probabilmente anche un impegno maggiore economico da parte dello Stato.
Viene valorizzato comunque l’impegno degli assistenti sociali che possono loro stessi promuovere la richiesta al Giudice tutelare di nominare l’amministratore di sostegno.
L’incarico di amministratore di sostegno è gratuito ed affidato in preferenza ad un familiare. Pertanto il procedimento, non essendo necessaria nemmeno la figura di un avvocato per redigere il ricorso, pare possa essere molto meno costoso, per non dire gratuito. Solamente nel caso in cui venga nominato per il solo periodo iniziale e transitorio un commercialista, un avvocato o comunque un professionista, il Giudice di Reggio Emilia, Dott. Varotti, ha previsto un compenso a carico del beneficiario, una c.d. “equa indennità” rapportata al caso concreto.
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