Malattia professionale agli arti superiori per movimenti ripetuti in lavoratrice part-time
La Corte di Appello di Bologna, respongendo l’appello promosso dall’INAIL avverso la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Reggio Emilia, e non accogliendo la domanda dell’Istituto di rinnovo della C.T.U. medico-legale, ha ritenuto corrette le valutazioni del cosulente d’ufficio di primo grado secondo il quale “la durata ventennale di tali mansioni, l’acutizzazione dei sintomi durante il lavoro e la remissione dei medesimi nei periodi di riposo comprovano che il lavoro ha agito quale concausa preminente nella determinazione della patologia degenerativatendinea alle spalle ed ai gomiti determinando le conseguenze sopra ricordate”.
Anche l’eccezione dell’INAIL sull’impossibilità di determinare il tempo trascorso dalla dipendente è stato smentito dalla semplice prova documentale costituita dalle buste paga, che dimostrano che comunque la lavoratrice superava le 30 ore settimanali come part-time a fronte delle 38 ore settimanali di un full time.
Aggiungo inoltre che La malattia di cui è affetta la ricorrente è una malattia tabellata, al n. 78 del decreto ministeriale 169/2008. Tali tabelle hanno il duplice obiettivo. uno di natura “scientifica” di indicare come gli studi hanno evidenziato la stretta correlazione tra una tipologia di lavoro e una specifica malattia professionale, e uno di natura “giuridica” causando l’inversione dell’onere della prova a carico dell’INAIL che deve dimostrare la natura extraprofessionale della malattia.
Ebbene, il caso di specie rientra tra le “malattie da sovraccarico biomeccanico dell’arto superiore” a seguito di “lavorazioni, svolte in modo non occasionale, che comportano a carico della spalla movimenti ripetuti, mantenimento prolungato di posture incongrue; Lavorazioni, svolte in modo non occasionale, che comportano movimenti ripetuti dell’avambraccio, e/o azioni di presa e/o posture incongrue della mano”. L’unico teste escusso, responsabile del personale dell’azienda, ha dimostrato la non occasionalità, ma la quotidianità, dell’attività svolta dalla ricorrente. Ha confermato genericamente le modalità di svolgimento dell’attività lavorativa come indicate in ricorso introduttivo al primo grado. Pertanto, avendo comunque il teste confermato la non occasionalità dell’attività descritta dalla ricorrente, essendo tutte queste mansioni quelle che quotidianamente venivano svolte dalla Sig.ra Fiorini, spettava all’INAIL dimostrare la natura extraprofessionale della patologia. Nulla l’Istituto ha detto o provato in merito ad un’eventuale natura non professionale della patologia. Tale prova contraria non è stata fornita dall’Istituto.
Si ritiene pertanto che la mancata prova della natura tecnopatia della patologia non esista, semmai vi è stata un’omissione da parte dell’INAIL di elementi probatori e a seguito dell’inversione dell’onere della prova.
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