La C.E.D.U. condanna l’Italia a rivalutare l’indennità integrativa speciale
STRASBURGO, 3 SET – Gli italiani infettati da trasfusioni di sangue o da prodotti da questo derivati hanno vinto oggi la loro battaglia a Strasburgo.
La Corte europea dei diritti umani ha stabilito che lo Stato deve versare a TUTTI gli infettati l’indennità integrativa speciale prevista dalla legge 210/1992.
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia a pagare l’indennità integrativa speciale prevista dalla legge 210/1992 a tutte le persone infettate da trasfusioni di sangue o da emoderivati.
La sentenza “pilota” odierna, sottolineano fonti della Corte, riguarda non solo i ricorrenti che hanno visto accolta la loro tesi, ma anche tutti gli altri italiani che si trovano nelle stesse condizioni. Ora lo Stato italiano avrà sei mesi di tempo, dal momento in cui la sentenza diventerà definitiva, «per stabilire una data inderogabile» entro cui s’impegna a pagare rapidamente le somme dovute. La sentenza non sarà comunque definitiva prima di tre mesi, ovvero il tempo a disposizione del governo italiano per chiedere la revisione del caso davanti alla Grande Camera della stessa Corte.
Il caso era stato sollevato in Europa dai malati che avevano fatto ricorso perché era stato negato loro il sussidio.
Per Strasburgo il governo, con il decreto legge numero 78/2010, ha violato i diritti delle persone infettate imponendo loro “un onere eccessivo e anomalo”.
Il decreto, infatti, bloccava l’adeguamento al tasso di inflazione dell’assegno integrativo ma questo provvedimento è stato dichiarato incostituzionale dalla Consulta in quanto contrario al principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione, perché discrimina le persone infettate o con l’epatite o con l’aids.
Infatti per loro non era previsto l’adeguamento per altre patologie. Nonostante il pronunciamento della Consulta, ha spiegato la Corte europea, nessuno dei ricorrenti ha ottenuto il beneficio. Da qui la condanna per l’Italia; a partire dal momento in cui quest’ultimo è stato riconosciuto che sia o meno stata azionata dal singolo danneggiato una procedura per il relativo riconoscimento.
La Corte ha poi invitato lo Stato italiano, entro 6 mesi dalla pronuncia, a garantire a livello nazionale, tramite misure legali e/o amministrative interne la “réalisation effective et rapide des droits en question”
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