Taglio ai Patronati: appropriazione indebita “legalizzata”!!
Ancora una “mazzata” ai cittadini e soprattutto, alla tutela dei diritti delle persone più deboli da parte del nostro Governo, che ha sfornato la nuova legge di Stabilità. Nella speranza che tale legge venga modificata, emendata o ancor meglio cestinata, vi è un articolo che fa vacillare i principi di giustizia.
L’art. 26 comma 10 della legge di Stabilità prevede un taglio ai fondi destinati ai Patronati del 35%.
Ricordo intanto l’art. 13 della legge 152/2001 con la quale si stabilisce come venga sovvenzionato il fondo dei Patronati: “Per il finanziamento delle attività e dell’organizzazione degli istituti di patronato e di assistenza sociale relative al conseguimento in Italia e all’estero delle prestazioni in materia di previdenza e quiescenza obbligatorie e delle forme sostitutive ed integrative delle stesse, delle attività di patronato relative al conseguimento delle prestazioni di carattere socio-assistenziale, comprese quelle in materia di emigrazione e immigrazione, si provvede, secondo i criteri di ripartizione stabiliti con il regolamento di cui al comma 7, mediante il prelevamento dell’aliquota pari allo 0,226 per cento a decorrere dal 2001 sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati da tutte le gestioni amministrate dall’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), dall’Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell’amministrazione pubblica (INPDAP), dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e dall’Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA). Salvo quanto disposto dal comma 2, le somme stesse non possono avere destinazione diversa da quella indicata dal presente articolo”.
Ciò significa che lo Stato, con la legge di stabilità, si appropria di ingenti somme di denaro dei lavoratori, e destinate alla tutela dei loro diritti, maturati durante o successivamente allo svolgimento dell’attività lavorativa. Ritengo che ciò costituisca una violazione della nostra Carta Costituzionale e della Convenzione Europea dei Diritti Fondamentali dell’Uomo, e che integri una sorta di appropriazione indebita di denaro da parte dello Stato.
Infatti il ‘Fondo patronati’ non viene alimentato da finanziamenti pubblici generici, bensì da una ritenuta d’acconto sui contributi previdenziali dei lavoratori. In caso di diversa utilizzazione di queste risorse (non più per pubblica utilità) si porrebbero vizi di forma, soggetti a eventuali ricorsi di natura giudiziaria con il fine di evitare il ridimensionamento dei servizi che sono particolarmente utili per i cittadini, costretti altrimenti a ricorrere a più costosi consulenti.
Ricordo che i Patronati svolgono una funzione vitale per il diritto delle fasce deboli e dei lavoratori. Ad esempio, quale pensionato senza la gratuità del procedimento offerta da un Patronato, si rivolgerebbe al legale privatamente, per chiedere il riconoscimento del diritto ad un aumento della pensione per poche euro al mese?
Oltre ad un guadagno immediato per lo Stato, quindi, si aggiunge un guadagno futuro, consistente in un mancato riconoscimento di diritti economici dei cittadini che non possono più usufruire della gratuità e competenza pluridecennale dei Patronati.
Per meglio far comprendere la portata della manovra prevista dall’art. 26 comma 10, il governo di Renzi intende sottrarre al Fondo Patronati una somma di circa euro 150.000.000, pari al 35% dell’intero Fondo.
I Patronati per le vertenze patrocinate ottengono, dopo un attento vaglio degli ispettori ministeriali, un rimborso prelevato dal Fondo Patronati. Ma solo un 25-30% di pratiche effettuate dai Patronati rientrano tra quelle rimborsabili, mentre le restanti vertenze sono svolte dal Patronato gratuitamente, senza cioè ottenere alcuna somma da parte del Fondo.
Anche nel 2010, con il famigerato d.l. 78/2010 – già dichiarato incostituzionale ad esempio nell’art. 11 comma 13 e 14 relativo alla rivalutazione dell’indennizzo ex legge 210/92 – il Governo aveva sottratto 30.000.000 di euro al Fondo Patronati. Insomma, negli anni la tutela dei diritti dei cittadini si è enormemente indebolita, soprattutto per le fasce più deboli, prevedendo inizialmente (anno 2003) nelle cause di previdenza e assistenza la soccombenza alle spese per fasce di reddito, quindi il pagamento di un contributo unificato per le medesime vertenze, di poi un primo taglio al Fondo ai Patronati, ed ora la riduzione di un
terzo del Fondo stesso.
Ciò significa riduzione delle sedi di Patronato che oggi raggiungono anche piccoli paesi, sia in Italia che all’estero; riduzione del personale assunto nei Patronati; riduzione dei servizi gratuiti forniti ai cittadini; riduzione della qualità dei servizi, con aggravio degli altri pubblici servizi che dovranno affrontare le questioni che sinora erano state delegate ai
Patronati.
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